Carlo Conti

Carlo Conti difende il cast di Sanremo 2026 tra critiche e proposte musicali

6 min di lettura
© foto: Gian Mattia D'Alberto - lapresse

L’intervento di Carlo Conti a RTL 102.5, nella trasmissione Non Stop News, è diventato il centro del dibattito su Sanremo 2026 dopo le critiche al cast dei 30 big annunciati per il Festival. Il direttore artistico ha provato a spiegare i criteri delle sue scelte, toccando temi come il rapporto tra generazioni, il mercato discografico reale, l’importanza delle radio e il ruolo culturale della kermesse. L’intervista ha offerto nuovi dettagli sulla sua visione del Festival e ha alimentato il confronto con chi contesta l’effettiva rappresentatività musicale del cast 2026.

Mischiare generazioni e pubblico televisivo

Conti ha rivendicato come punto di forza del “suo” Sanremo l’idea di mischiare generazioni diverse, accostando artisti più conosciuti a nomi meno noti presso alcune fasce di pubblico. Nella sua lettura, questa mescolanza dovrebbe permettere al Festival di parlare a più età, mantenendo in palinsesto volti familiari alla platea televisiva accanto a proposte percepite come nuove. Il dibattito nasce proprio da questa impostazione, perché una parte della critica vede nel cast 2026 un ritorno a figure rassicuranti per la tv, ma meno centrali nelle dinamiche del mercato musicale attuale.

Big, mercato discografico e numeri live

Nel commento all’intervista viene sottolineato come molte critiche non si fermino alla formula “big/non big” ma insistano sul legame tra artisti scelti e reale peso nel business musicale contemporaneo. Viene evidenziato che, rispetto all’edizione precedente, una quota significativa dei protagonisti di Sanremo 2026 non avrebbe oggi numeri paragonabili a quelli dei colleghi più forti sul fronte dei live, con una stima di meno di dieci nomi in grado di riempire un palazzetto. Il focus riguarda anche la differenza tra artisti considerati soprattutto televisivi e quelli che, oltre alla popolarità, muovono pubblico pagante nei concerti, ambito ormai decisivo per misurare la solidità di un progetto.

«Uno spaccato del paese» e il termometro Spotify

Durante l’intervista Conti definisce Sanremo come “festival della canzone italiana” che dovrebbe restituire uno spaccato della proposta musicale del Paese in quel momento. La risposta critica mette al centro i dati delle piattaforme digitali, prendendo Spotify come termometro del nuovo mercato discografico non televisivo, e rilevando nella top 50 la presenza di pochi nomi del cast 2026, tra cui Luché ed Eddie Brock grazie al traino virale della canzone Non è mica te. Da qui nasce l’interrogativo su quali parametri concreti vengano utilizzati per definire rappresentativa la line-up sanremese rispetto a ciò che ascoltano ogni giorno gli utenti delle piattaforme.

Orecchio radiofonico e illusioni delle hit

Conti, autodefinendosi “vecchio dj”, spiega di affidarsi molto all’“orecchio radiofonico”, cercando brani che possano funzionare in radio e restare nel tempo, una logica che richiama quella adottata da Amadeus negli anni precedenti. L’analisi dell’articolo evidenzia però il rischio di considerare i passaggi radiofonici un parametro assoluto, ricordando che le emittenti hanno bisogno di riempire palinsesti 24 ore su 24 e che, nel periodo del Festival, le canzoni di Sanremo diventano in automatico materiale privilegiato in rotazione. Viene sottolineato come, una volta riempita la line-up di tentativi di hit radiofoniche, il successo in airplay sia quasi inevitabile e non rappresenti di per sé una prova di reale centralità artistica.

Accontentare i gusti e il peso culturale del Festival

In chiusura di intervento, Conti parla dell’obiettivo di “accontentare tanti gusti” seguendo le tendenze del momento e i “colori che funzionano”, formula che viene letta come ammissione di un approccio molto attento al consenso del pubblico generalista. L’articolo richiama il ruolo particolare di Sanremo, capace di concentrare l’attenzione del Paese sulle canzoni per alcuni giorni e di influenzare le scelte della discografia mainstream nei mesi successivi, in un momento in cui si nota un crescente interesse per il cantautorato a scapito di alcune sonorità urban. Viene ricordato anche il peso simbolico delle vittorie recenti, come quelle di Olly, e poi Lucio Corsi, citati come esempi di come un certo tipo di scrittura possa risultare competitivo anche dal punto di vista economico.​

La musica al centro tra tv e responsabilità

Nel dibattito sollevato dall’intervista, ritorna il tema ricorrente dello slogan “la musica al centro”, spesso associato a ogni edizione del Festival. La riflessione proposta nell’articolo mette in discussione questa formula, sostenendo che la musica sia solo uno degli elementi della drammaturgia televisiva, pur riconoscendo a Sanremo la possibilità di assumere un ruolo più responsabile nella valorizzazione della qualità artistica. In questo quadro, l’allargamento del cast a 30 artisti viene visto come occasione per includere molte proposte diverse, ma anche come scelta che rischia di diluire il peso di chi vive davvero al centro del mercato discografico odierno.


Hai bisogno di informazioni sui biglietti di Sanremo 2026? Vai sulla nostra pagina dedicata ai ticket di Sanremo per scoprire tutti i dettagli e le ultime novità.

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *