Al Bano mette un (nuovo) punto definitivo al capitolo Sanremo: l’artista annuncia l’addio alla kermesse, spiegando che con la morte di Pippo Baudo si è spenta quella “magia” che lo legava al Festival e che oggi sceglie prudenza e misura. Le parole arrivano dopo mesi di frizioni pubbliche in cui aveva già fatto capire di non inseguire più quel palco, ribadendo che, se non fosse stato voluto, non avrebbe insistito e di essersi sentito persino mancato di rispetto dai timonieri recenti.
L’annuncio a La volta buona
Nel salotto televisivo di La volta buona, Al Bano ha confessato di sentire chiuso il cerchio con l’Ariston, una scelta dettata tanto dal tempo che passa quanto dal venir meno di un riferimento affettivo e professionale come Pippo Baudo, per lui volto-simbolo della kermesse. La decisione non suona come un colpo di testa, ma come l’esito naturale di un percorso interiore in cui rispetto per la propria storia e lucidità sul presente si incontrano. È il modo di dire basta senza clamori, lasciando che a parlare siano il garbo e la consapevolezza di chi ha calcato quel palco sapendo quando è il momento di scendere.
La “magia” perduta dopo Baudo
Nelle sue parole il Festival coincide con un’idea di spettacolo che si è formata negli anni d’oro di Pippo Baudo, e che oggi non ritrova più con la stessa intensità emotiva. Non è una bocciatura del presente, quanto la constatazione intima di una distanza, come quando un luogo familiare cambia luci e odori e non parla più allo stesso modo a chi lo abitava. In questa chiave, il congedo somiglia a un saluto riconoscente più che a una porta sbattuta, un gesto di fedeltà al proprio immaginario sanremese.
Le frizioni degli ultimi mesi
Prima di questo epilogo, Al Bano aveva già mostrato di non voler rincorrere inviti o riconoscimenti: “se non mi vogliono, non me ne frega”, era il senso di dichiarazioni dirette che lasciavano poco spazio ai retroscena. In quel racconto c’era anche l’amarezza per un trattamento ritenuto poco rispettoso da parte di chi ha guidato il Festival nelle ultime stagioni, con riferimenti espliciti ad Amadeus e Carlo Conti che hanno segnato uno strappo difficile da ricucire. L’orizzonte di Sanremo 2026, evocato in quelle uscite senza filtri, appariva già come una strada che non intendeva più percorrere a ogni costo.
Tra età, misura e responsabilità
L’artista ha richiamato l’età non come limite, ma come bussola: la prudenza diventa sinonimo di eleganza, la selezione delle sfide un atto di igiene emotiva e professionale. Lasciare l’Ariston non significa rinunciare alla musica, bensì scegliere come e dove raccontarla, senza rincorrere un rituale che non restituisce più lo stesso battito. È una dichiarazione d’intenti che parla alla carriera quanto alla persona, lontana da polemiche e vicino al senso di misura.
Un passaggio di testimone
Il suo addio incornicia una fase di passaggio per il Festival di Sanremo: l’epoca dei grandi maestri lascia spazio a nuove narrazioni, con un pubblico che cambia linguaggio e aspettative. In questo scenario, Al Bano preferisce la memoria al compromesso, affidando alla storia il compito di conservare il legame con l’Ariston invece di trascinarlo verso un presente che gli somiglia sempre meno.
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