Un secondo album che sa di casa e di mondo
C’è un’aria fresca nel nuovo percorso di Matteo Bocelli: Falling In Love è appena uscito e porta con sé quell’eleganza pulita che conosciamo, ma con una spinta personale più netta, da artista che sta trovando la propria voce. Le canzoni nascono tra le colline toscane, ma hanno respiro internazionale grazie al lavoro con il produttore Martin Terefe, uno che nella vita ha messo mano a progetti di Shawn Mendes e Jason Mraz.
Suono internazionale, cuore italiano
Il disco è cantato quasi tutto in inglese, scelta che suona naturale per chi sta preparando un tour mondiale e vuole parlare a tante platee diverse senza perdere autenticità. Dentro ci sono due omaggi pesanti, ma trattati con misura: Caruso di Lucio Dalla e La mia storia tra le dita di Gianluca Grignani, due classici riletti con rispetto e un filo di audacia.
Sanremo, sì ma non adesso
Qui arriva il punto che molti aspettavano: Sanremo è “fondamentale”, lo dice chiaro, però presentarsi all’Ariston ha senso solo quando c’è una canzone “giusta” e un progetto cristallino. Tradotto: non nel 2026, perché la priorità ora è far vivere l’album e consolidare la direzione artistica; se ne riparla con calma, verosimilmente nel 2027.
Perché saltare il 2026 non è una fuga
Non è timidezza e non è strategia fredda, è buon senso musicale: si va a Sanremo quando tutto è a fuoco, non per riempire una casella in agenda. E l’agenda, a dirla tutta, è fitta: il tour lo terrà in giro per mesi, lontano da quell’Ariston dove il padre ha esordito e dove Matteo è già stato ospite cantando insieme ad Andrea.
Il tour mondiale come scelta di campo
Portare Falling In Love in giro significa testare le canzoni davanti alle persone, limare i dettagli sul palco, capire cosa resta addosso dopo l’ultima nota. È anche un modo per crescere senza scorciatoie: prima la strada, poi il Festival, quando la canzone chiederà lei stessa quel palco.
L’etichetta del “figlio d’arte” e la voglia di scrollarsela di dosso
Al secondo album l’etichetta inizia a stare stretta: l’identità si costruisce brano dopo brano, scelta dopo scelta, e qui la direzione è chiara, tra pop elegante, scrittura curata e arrangiamenti che valorizzano timbro e racconto. La parentela resta un faro affettivo e culturale, ma questo percorso parla ormai con voce propria, meno riflessa e più dichiarata.
Che disco è, in una frase
È un lavoro rifinito, con una produzione che guarda alla tenuta nel tempo più che all’effetto del momento, capace di tenere insieme ballad e slanci radiofonici senza perdere misura. E soprattutto è un punto di partenza per il prossimo capitolo: arrivare a Sanremo 2026 non serve, arrivare nel 2027 con la canzone giusta sì.
Cosa aspettarsi adesso
Nel breve, tanta musica dal vivo e un ascolto che matura tappa dopo tappa, come succede ai dischi che cercano strada e pubblico fuori dai recinti. Nel medio periodo, la possibilità concreta che quella “canzone necessaria” arrivi davvero, e allora il palco dell’Ariston sarà la scelta naturale, non il traguardo forzato.
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